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#Curiosità: L'Energia nei BitCoin


Lo sapevate che di recente L’Università di Cambridge ha calcolato che per produrre bitcoin si consumano ogni anno 121 Twh di elettricità? Un volume di consumi pari a quello di Paesi come Argentina, Polonia o Egitto. Bisogna essere consapevoli che occorre aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili per minare questa criptovaluta, come accade già in Norvegia e Islanda…ma basterà?

Bitcoin è la più popolare criptovaluta al mondo. La sua espansione da un po’ di tempo a questa parte è letteralmente incontrollata, con l’investimento su questa criptovaluta da parte di molte delle più importanti aziende e gruppi internazionali (Tesla, Deutsche Bank, Morgan Stanley etc.).

C'è solo un problema: minare bitcoin consuma molta energia.

Come ha affermato recentemente Bill Gates “Il bitcoin utilizza più elettricità per singola transazione rispetto a qualsiasi altro metodo di pagamento noto all’umanità”.

Oltre a Bill Gates anche Elon Musk, il CEO della casa automobilistica Tesla e una delle persone più ricche al mondo, dopo aver investito molto in questa criptovaluta nei mesi scorsi ed averne caldeggiato l’uso per l’acquisto delle auto del suo gruppo, ha scritto in un “Tweet” pubblicato il 13 Maggio, che Tesla ha sospeso la possibilità di acquistare le sue auto in bitcoin.

Il motivo è che anche Musk, come Bill Gates, è preoccupato «per il rapido aumento dell’utilizzo di combustibili fossili per il mining e le transazioni di bitcoin». Dopo l’annuncio di Musk, bitcoin ha perso il 17 per cento, raggiungendo il suo valore più basso da inizio marzo, fino a riassestarsi su valori intermedi ai giorni nostri.

Il motivo di tutta questa preoccupazione è data dalla stima che ogni transazione in bitcoin richieda in media 300 kg di anidride carbonica (CO2): un impatto equivalente a quello di 750mila pagamenti con carta di credito.

Cosa significa minare bitcoin?

"Minare" bitcoin significa appunto convalidare un blocco della catena; tale convalida viene premiata con una quota di bitcoin. Tutte le operazioni vengono eseguite attraverso PC che usano diverse schede grafiche di fascia alta: sono praticamente dei super-PC da gioco, che restano accesi tutto il giorno, tutti i giorni per poter eseguire questi calcoli.

I minatori di bitcoin, che possono essere privati oppure aziende specializzate, usano schiere di queste macchine: più potenza di calcolo equivale a più possibilità di minare bitcoin.

Bisogna sapere, infatti, che il numero di bitcoin è limitato a 21 milioni: alla fine del 2020 si è arrivati a 19 milioni di bitcoin minati. Con il passare del tempo, inoltre, la ricompensa per la convalida di un blocco sarà sempre più bassa.

Minore la quantità di bitcoin rimasta, maggiore la concorrenza: viene premiato, infatti, solo il primo che convalida un blocco. Al momento che scrivo, dopo il crollo causato da Musk, un bitcoin vale circa 36.350 dollari dopo aver raggiunto un picco massimo a metà Aprile di 64.800 dollari.

Questi sono tutti fattori che spingono al rialzo il consumo energetico necessario per minare bitcoin in quanto tanti minatori useranno sempre più potenza computazionale per sfidare gli altri. Tutto questo ci porta ad affermare che se la criptovaluta fosse una nazione, sarebbe tra le 30 al mondo più energivore, in termini di consumi elettrici.

Le stime: fino a 121 TWh all'anno

Secondo le stime di Digiconomist, si parla di circa 77 TWh all'anno: più o meno quanto il Cile. Le stime del Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index sono invece più negative: 121,05 TWh all'anno, più dell'Argentina e circa quanto la Norvegia. In Paesi dove l'infrastruttura è già fragile, la presenza di minatori di bitcoin che usano grandi quantità di energia elettrica può provocare dei blackout, com'è capitato in Iran.

In Iran infatti, la corrente costa pochissimo e i cinesi hanno costruito enormi miniere di bitcoin creando enormi problemi alla rete elettrica nazionale che difatti è in ginocchio.

Di per sé, però, il valore energetico non vuol dire molto: attività online come lo streaming e, in generale, l'utilizzo del cloud consumano grandissime quantità di energia perché i server sono operativi tutto il giorno e devono inoltre essere raffreddati. Le stime per l'energia consumata dai data center variano tra 200 TWh e 500 TWh all'anno.

La discriminante è il tipo di risorsa usata per generare energia. Ed è qui che, nel caso della rete bitcoin, nasce il vero problema. La maggior parte dei minatori di bitcoin usa dispositivi in Cina, la cui principale fonte di produzione dell'energia è ancora il carbone.

La transizione green delle criptovalute

L’esempio da seguire, secondo molti, è quello dell’Islanda e della Norvegia, dove quasi il 100% di tutta la produzione di energia è rinnovabile e i miner di criptovaluta stanno sfruttando idroelettrico e geotermico a basso costo per alimentare le loro macchine.

Le basse temperature di queste latitudini aiutano anche a ridurre i costi di raffreddamento dei server, perché ci pensa l’aria gelida dei climi prossimi al circolo polare artico.

Secondo il Global Cryptoasset Benchmarking Study dell’Università di Cambridge, l’anno scorso il 76% dei miner di criptovalute ha utilizzato elettricità da fonti rinnovabili. Questa cifra è aumentata dal +60% rispetto all’edizione 2018 dello studio.

Quest’ultima informazione alimenta appunto il partito di coloro che vedono nelle criptovalute l'occasione per una transizione green.

Secondo la nostra opinione sarà molto difficile realizzare un'anima totalmente green per le criptovalute. Questo perché i consumi energetici sono da sempre correlati alla crescita del Pil. Più ricchezza uguale più energia.

Non possiamo di sicuro ridurne l'impiego ma dobbiamo comunque trovare modi di produrla che siano rinnovabili e sostenibili.

La preoccupazioni vanno spostate, secondo noi, dalla riduzione dei consumi alla sostenibilità nella produzione di energia. Da questo punto di vista l’auspicio è quindi un consumo sempre crescente di energia perché significa crescere economicamente ma sarà comunque necessario che la produzione di questa energia diventi sempre più efficiente e sostenibile”.

 
 
 

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